Mai l’innovazione funzionerà senza mantenere l’uomo al centro; fondamentale sarà la maggiore comprensione dei processi di apprendimento delle persone.
Di Gianna Martinengo

La mia esperienza imprenditoriale nell’ ambito del digitale mi porta a vedere sia la tecnologia che le competenze sotto il profilo dell’innovazione. Intendo con il termine “innovazione” sia un’innovazione tecnologica che un’innovazione sociale. Entrambe hanno o dovrebbero avere l’essere umano al centro. In questo credo profondamente sin dall’inizio della mia carriera imprenditoriale.

Molti pensano che la cultura digitale sia un semplice scambio di informazioni tra macchine evolute. Se così fosse, con la banda larga e qualche supercalcolatore in più il problema sarebbe risolto. Questa interpretazione sarebbe molto riduttiva se non fuorviante, ricordando che ho esordito dicendo che la persona resta al centro dell’innovazione sia tecnologica che sociale. Per questo diventa necessario integrare nei processi di riforma legati alla cosiddetta digitalizzazione (o informatizzazione) proprietà tipiche della vita sociale umana come interazione, dialogo e conversazione, reputazione, partecipazione, formazione, apprendimento.

Nella società del post-pandemia, tutti nel villaggio globale hanno vissuto un aspetto prima solo tipico di comunità marginali: l’isolamento. Per la prima volta, la tecnologia informatica non solo è stata utile a migliorare la vita di tutti, ma è stata essenziale per la sopravvivenza di ciascuno.

La tecnologia ci ha reso interconnessi, perché noi siamo parte di tante comunità, ovvero di tanti insiemi di persone unite tra loro da rapporti sociali, linguistici, morali, religiosi, famigliari, da vincoli organizzativi (le imprese, ad esempio).

Questa idea di comunità ha implicato, anche nelle imprese, la riflessione e relativi processi di change management su temi quali solidarietà, condivisione, ascolto, fiducia, responsabilità, inclusione. Sono processi che richiedono accordi, collaborazione, condivisione, dialogo e comportamenti innovativi da parte di tutti gli attori, non esagerati personalismi, non egoismi basati sulla ricerca del successo, dell’affermazione personale, di un ritorno economico.

Ebbene, se viviamo in comunità, interrelati tra noi, se abbiamo l’etica come fondamento della nostra società, credo sia arrivato il momento di ridare voce alle competenze, specie in riferimento alla scelta della classe dirigente. Il Covid e le sue conseguenze ci stanno insegnando che questo non è più il tempo delle scelte basate solo sulla cooptazione personale.

Il futuro del lavoro: formazione, istruzione e università. La necessità di programmazione e di un approccio lungimirante in modo che si formino le professionalità che il mercato richiede

Tutti avevamo il timore che robot e intelligenza artificiale riducessero a un terzo la forza lavoro medio-bassa delle società avanzate, mentre ciò non è avvenuto e anzi: i nuovi mestieri si presentano quotidianamente mentre mancano le competenze necessarie per esercitarli.

Un esempio fra tanti: pensiamo ai mestieri e alle professioni della digitalizzazione. Si stimava che fosse necessario un milione di tecnici nel settore solo in Europa, a cui possiamo associare l’esigenza di reskilling in Informatica di base per milioni di cittadini attualmente analfabeti digitali.

Ma la lista dei nuovi mestieri e delle nuove professioni è molto più lunga; impossibile qui enunciarla per esteso.

Oggi ci troviamo di fronte ad una convergenza favorevole grazie all’impatto del PNRR: esso non riguarda l’Europa del presente, ma quella del futuro. In particolare, l’economia, la società e la cultura del futuro, cioè per semplificare: il lavoro del futuro. E mi sto riferendo a tutti i lavori, dalla ricerca, alla formazione, alle imprese di ogni tipo e dimensione, alla pubblica amministrazione, alla giustizia, all’informazione.

Chi servirà domani?

Il lavoro del futuro non può essere previsto nei dettagli, ma sappiamo che non sarà soltanto robot, intelligenza artificiale, Internet Of Things; veicoli senza autista o treni ad alta velocità.

Si tratta di migliorare la qualità dei nuovi mestieri, di anticiparne le esigenze e di preparare il terreno soprattutto adattando il contesto culturale, normativo, economico, sociale.

Le politiche attive del lavoro non sono solo basi di dati della domanda e dell’offerta, ma istituzioni di accompagnamento dello sviluppo sostenibile imposto dalla globalizzazione e dalla digitalizzazione.

La formazione permanente degli addetti in qualunque settore merceologico pubblica, amministrazione inclusa (reskilling), non è un residuo della cassa integrazione, ma una nuova modalità di convivenza con l’accelerazione dello sviluppo socioeconomico.

Questa capacità di anticipare i cambiamenti non può partire dall’idea semplicistica che si automatizzano i vecchi processi, ma deve includere i cambiamenti radicali a fronte rapidità del cambiamento, di cui le istituzioni devono tener conto.

Inutile dire che in questo contesto le varie fasce sociali attualmente marginali (donne, giovani, meridione) possono divenire rapidamente attori fondamentali, a condizione che il cambiamento sia previsto, controllato e gestito ad esempio favorendo queste categorie con misure preferenziali in tutti gli interventi pubblici.

Istruzioni per l’uso: come riqualificarsi professionalmente?

Molte attività esercitate oggi necessariamente scompariranno, ma altrettante emergeranno grazie a nuovi scenari. Queste nuove attività non saranno necessariamente legate a competenze di altissimo livello: ad esempio, nella smart mobility saranno necessari tecnici di livello medio-basso, dotati di semplice diploma professionale, ma anche di esperienza di comunicazione e di leadership (competenze trasversali), per la manutenzione dei sistemi di sensori, effettori e reti di telecomunicazione e la gestione dei punti di applicazione (gestione delle macchine e delle persone coinvolte). Competenze di base e, tecnico professionale, ma anche competenze trasversali (cognitive, relazionali, realizzative e manageriali).

Ecco alcune preziose istruzioni per la comprensione e scelta delle aree più promettenti.

Analizzando l’acquisizione di competenze notiamo che:

  • le tecnologie esistono, gli utenti/persone (docenti, studenti, famiglie, adulti in fase di reskilling, centri di formazione, …) (spesso) non sono consapevoli né formati né favorevoli allo sviluppo e all’uso delle stesse;
  • la normativa è carente (ad esempio: gli insegnanti sono ancora quasi sempre remunerati e valutati rispetto alle ore di presenza), l’integrazione studio-lavoro è quasi inesistente (a differenza, ad esempio, della situazione di Germania e Svizzera);
  • non viene spesso considerata l’acquisizione di competenze tecnico professionali con modalità alternative (esempio: serious games, affiancamento allievo-maestro, peer to peer, learning by doing, learning by experience);
  • e per acquisire le competenze trasversali (cognitive, relazionali, realizzative e manageriali)? Project Work, Stage, School-to-Work, Apprendistato, Tesi in azienda;
  • e per i professionisti nelle aziende? Tutoring, Coaching, Mentoring e Reverse Mentoring, Job Rotation.

Per riassumere: le tecnologie esistono e si prevede che si sviluppino con grande velocità ed accelerazione, ma la nostra conoscenza di come le persone imparano è assai imprecisa, limitata, se non del tutto inadeguata. Bisogna investire nella ricerca di base sull’apprendimento umano: in una società della conoscenza i processi di alfabetizzazione allo sviluppo sono continui e fondati sulla capacità di apprendere, non solo dei giovani, ma di tutti; non solo dei futuri lavoratori dipendenti, ma anche e soprattutto dei futuri manager, politici, amministratori pubblici e privati, avvocati, medici, ingegneri o funzionari del fisco. Queste professioni importanti sono anche quelle che prendono decisioni e devono essere consapevoli degli sviluppi sia delle tecnologie che del lavoro futuri. Tutti devono imparare tutta la vita. Con le modalità compatibili col contesto in cui vivono e lavorano.

Per ulteriori approfondimenti

https://www.carterbenson.com/come-attrarre-e-trattenere-i-talenti/

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